Mai come in Cina ho avuto modo di capire l’importanza di poter comunicare. Dopo aver passato in esame le offerte voli su internet e prenotato uno dei tanti voli per la Cina, finalmente ad agosto sono atterrata a Shanghai. La prima cosa che ho notato è stata che in Cina nessuno parla inglese, o nessuna lingua diversa dal cinese, cosa che mi ha abbastanza colta di sorpresa dal momento che Shanghai è una città molto cosmopolita e considerata uno dei maggiori porti internazionali del Paese.
Ma è solo quando mi sono trovata sulla Grande Muraglia Cinese che ho veramente capito che se volevo vivere in Cina qualche anno imparare la lingua cinese non era un’opzione ma una scelta obbligata!

Sono andata a Pechino dopo sole due settimane dal mio arrivo, quindi il mio cinese equivaleva a zero, sia nel parlare che nel capire. Per questo motivo ho deciso di affidarmi a una guida che parlasse inglese, non perfettamente, ma almeno il necessario per la gita alla Grande Muraglia Cinese.
All’entrata della muraglia, la guida ha lasciato il gruppo con l’avvertenza, una volta arrivati in cima, di tornare indietro seguendo lo stesso tragitto fatto per salire. Lì per lì mi è sembrata un consiglio di poco conto, abbastanza ovvio e comunque senza enormi potenziali conseguenze. Non mi ci è voluto molto per ricredermi!
Arrivata in cima alla Grande Muraglia Cinese, con i miei genitori e un’altra signora del mio gruppo, abbiamo provato a scendere nella stessa direzione della salita, ma ci è stato impossibile dato l’enorme flusso di persone che stava ancora salendo. Quindi ci è sembrato più sensato continuare la discesa senza andare contro corrente.

“Vabbé,” ci siamo detti, “cosa può succedere se andiamo giù da questa parte? È comunque un percorso parallelo…”. Le ultime parole famose! Appena abbiamo iniziato la discesa, letteralmente trascinati dal vociante fiume umano che era salito insieme a noi, e ci siamo accorti che qualcosa non tornava. Una volta giù, non abbiamo ritrovato niente di quello che c’era quando siamo arrivati, il trenino che abbiamo preso per arrivare fin lì era sparito, i luoghi di ristoro erano diversi.
Inutile dire che nessuno di noi parlava cinese, e quel giorno i turisti della Grande Muraglia sembravano essere solo cinesi. Abbiamo provato a chiedere qualche indicazione, e quando finalmente ci hanno indicato l’uscita, abbiamo capito che ci eravamo persi! Il parcheggio non era lo stesso, molto più deserto, i negozietti di souvenir erano diversi da quelli dell’entrata e, cosa più importante, il nostro autobus non c’era!
Abbiamo chiamato la guida e, dopo qualche spiegazione, ci ha illuminati: eravamo in Mongolia! “Mongolia?! Ma non è un altro Paese? Abbiamo passato il confine e non ce ne siamo neanche accorti?!?”. Per la precisione, eravamo nella Mongolia Interna, che è comunque parte della Cina. Non che questo fosse di grande aiuto, dal momento che non avevamo idea di come fare a “tornare in Cina”.
Dopo grande ricerca, abbiamo trovato un taxi per portarci dall’altra parte della Muraglia Cinese. Arrivati al nostro autobus, stanchissimi, senza energie e in un bagno di sudore dovuto al sole di agosto, non avevamo idea che questa sarebbe diventata la nostra barzelletta preferita da raccontare al nostro rientro dalla Cina.
Guest post e foto di Angela Corrias