Quella volta che ho fatto l’autostop in Giappone

Per il ciclo Quella volta che oggi voglio raccontarvi uno degli episodi di gentilezza in viaggio per il quale sono estremamente grata, ossia quando ho fatto l’autostop in Giappone.

Inizio col dire che quella mattina mi sono immedesimata moltissimo nel protagonista del libro Autostop con Buddha: Viaggio attraverso il GiapponeWill Ferguson. Un libro che adoro e consiglio di leggere a ogni viaggiatore, specialmente a coloro che sono affascinati dal Giappone o stanno pensando di visitare il Paese del Sol Levante.

Premessa.
Mi trovavo ad Hakone, località di montagna famosa per le sue sorgenti termali calde (onsen), dove avevo pernottato una notte in un ryokan tradizionale di cui la zona pullula.

La mattina del check-out ero uscita prestissimo per strada in attesa del bus che mi avrebbe portata alla stazione di Hakone-Yumoto da dove avevo in programma di fare un’escursione giornaliera nella valle vulcanica di Ōwakudani fino al Lago Ashi.

Quel giorno avevo una tabella di marcia molto serrata che prevedeva di prendere vari mezzi di trasporto per raggiungere altrettante località seguendo un circuito a tappe predefinite. Diciamo che si trattava di una di quelle situazioni in cui non devi assolutamente perdere una coincidenza altrimenti l’intero programma va a farsi benedire.

Ok, dicevamo? Ah sì, aspettavo il bus.

7 del mattino.
Borsone da viaggio da 70L in spalla.
Ferma sul ciglio di una stradina di montagna in attesa dell’autobus.
Controllo gli orari.
Aspetto il bus.
Non passa.
Aspetto il secondo bus.
Non passa nemmeno quello.
Essendo in Giappone mi stupisco, e non poco, dato che i mezzi di trasporto sono molto efficienti e super puntuali.  

In tutto ciò per la strada non passava un’anima.
Ripeto: erano le 7 del mattino e mi trovavo in un remoto paesino giapponese di montagna.

Photo © Francesca Turchi

È innegabile che ho iniziato a dubitare che il bus sarebbe mai passato. E da buona maniaca del controllo quale sono ho capito che, se nel giro di pochi minuti non avessi trovato il modo di arrivare in tempo alla stazione, la mia giornata sarebbe saltata inequivocabilmente.

Ah dimenticavo: l’opzione di raggiungere la stazione a piedi coi bagagli al seguito era impensabile.

Con uno scatto di impulsività cosa ho ben pensato di fare? L’AUTOSTOP.
Proprio così. Per la prima volta in vita mia ho mostrato il pollice e ho fatto l’autostop in Giappone in un paesino sperduto in mezzo ai monti.

autostop giappone
Photo © Francesca Turchi

La cosa fantastica, per cui sono tutt’oggi grata, è che dopo pochi minuti si è fermata un’auto con un signore giapponese alla guida.

Lui ha tirato giù il finestrino della macchina e io mi sono avvicinata con un po’ di remore. Dovete infatti sapere che i giapponesi sono a dir poco favolosi e tengono in alta considerazione l’educazione ma spesso c’è della diffidenza nei confronti degli stranieri quindi non sapevo se la richiesta di offrirmi un passaggio sarebbe stata accolta di buon grado.

Con tutto il mio savoir-faire gli ho spiegato (in inglese, ovviamente) la mia difficoltà e la necessità che avevo di raggiungere la stazione. Senza pensarci un secondo il signore è sceso dall’auto, ha caricato i bagagli in auto e mi ha accompagnata alla stazione salvando il programma della mia giornata.

Sono arrivata giusto in tempo per prendere il treno e poi il cable car, la funivia, la nave e infine il bus, tutti in coincidenza, che avevo in programma quel giorno.

Arigato gozaimasu, caro signore di Hakone.
Ti porto nel mio cuore, immensamente grata che al mondo esistano persone gentili come te.

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Francesca Turchihttps://www.travelstales.it/
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